1
La lezione annullata
13/04/2017
Quel pomeriggio di metà aprile il sole era
ancora alto nel cielo. Davanti alla prestigiosa Università La Sorbonne IV, in
Rue Victor Cousin, non c’era nessun
afflusso di studenti: le lezioni non erano ancora terminate.
All’improvviso, la strana quiete del luogo fu
disturbata da una piccola folla di ragazzi che si sparpagliò per la piazzetta.
La maggioranza di loro si dileguò in fretta, dirigendosi a passo rapido verso
la metro; altri indugiarono, abbandonando gli zaini a terra e sedendosi sul
bordo della fontana davanti all’università.
Infine uscirono quattro ragazze che
camminavano più lentamente. Una di loro si fermò prima di raggiungere la
fontana della piazza.
«Andiamo a prendere l’aperitivo?», domandò
entusiasta.
«Dai, Denise, sono appena le 16.15!», rise
Sarah. Si aggiustò gli occhiali con la punta del dito, in modo che rimanessero
aderenti al viso.
«Facciamo un giro e poi prendiamo l’aperitivo!
Non vorrete tornare a casa così presto?!», ribatté lei. Afferrò una sigaretta
dalla tasca dei pantaloni strappati.
«Io ci sto!», affermò Yasmine.
«Chi ha l’accendino?», domandò Denise senza
alzare lo sguardo.
Una ragazza si fece avanti e le accese la
sigaretta che teneva fra le labbra. Aveva i capelli raccolti in una coda
arrotolata sul capo e fissata con la matita; gli occhi erano grandi e di un
azzurro molto chiaro, quasi trasparente.
«Grazie, Vilu!», sorrise Denise. «Per fortuna
che hai iniziato a fumare...».
«Qualche volta...», rispose lei. Il diminutivo
con cui la chiamavano le sue amiche, Vilu, le sembrava buffo. Il suo nome era
Viola e, a differenza delle compagne, era italiana. Frequentava l’ultimo anno
dell’Università di Lettere e Filosofia a Parigi: era innamorata di quella città
fin da bambina. A ottobre si sarebbe laureata e sperava in un lavoro nella capitale.
«Neanch’io ho voglia di tornare a casa così
presto! Non capita mai che un prof. stia male! Ci meritiamo un pomeriggio di
relax!», affermò Sarah raddrizzandosi gli occhiali. I suoi occhi scintillarono
mentre osservava Viola per comprendere le sue intenzioni.
Viola incrociò l’espressione supplichevole di
Sarah. Lei era l’amica a cui si sentiva maggiormente legata e con la quale
aveva più in comune. I primi due anni di università li avevano vissuti nello
stesso appartamento e si erano divertite molto. In seguito Viola aveva
conosciuto Patrick e si era trasferita da lui, nonostante la sua casa distasse
parecchi chilometri dall’università. Da quel momento erano trascorsi tre anni;
le due amiche si vedevano solo a lezione e il legame che le aveva unite si era
allentato.
«Allora, Vilu? Verrai con noi?», domandò
Yasmine.
Viola sospirò e guardò le amiche, indecisa.
2
A: Tornare a casa
13/04/2017
Viola esitò per qualche istante.
«No, torno a casa... ne approfitto per
studiare storia», disse.
Denise sbuffò.
«Che palle, Vilu! Non fai altro che studiare!
Per un paio d’ore... cosa ti costa venire con noi?».
Sarah guardò l’amica, dispiaciuta.
«Dai, vieni con noi!».
Viola sentì una sorta di rimorso: le
dispiaceva essere sempre la più asociale della comitiva. D’altra parte, a
differenza delle compagne, doveva fare quasi un’ora di metro per tornare a
casa. Eppure, l’idea di svagarsi un po’ con le amiche la stuzzicava.
«Mi dispiace, magari la prossima volta...»,
decise, mordendosi il labbro inferiore.
Le amiche la fissarono, deluse.
Sarah comprese il suo imbarazzo.
«Non fa niente, Vilu, ci vediamo domani!». La
abbracciò e le diede un bacio sulla guancia, guardandola con affetto.
«Grazie, Sarah, ti voglio bene!».
«Anch’io!». Sarah la strinse a sé per un
ultimo istante prima di lasciarla.
Denise buttò il mozzicone della sigaretta a
terra e lo schiacciò con il piede.
«A domani».
Yasmine alzò la mano.
«Ciao!».
Le tre ragazze si caricarono gli zaini sulle
spalle e si avviarono verso il centro, mentre Viola si incamminò a passo
spedito verso la metro.
Poco dopo Viola era in viaggio: grazie al
professore ammalato sarebbe arrivata a casa con un’ora e mezza di anticipo.
Quando fu davanti al cancello della villetta,
Viola cercò le chiavi nello zaino. Abitava in una zona tranquilla e
residenziale di Meaux. Il fidanzato era un dentista che lavorava presso la
rinomata clinica del padre.
Finalmente, dopo aver rovistato nelle tasche
dello zaino per diversi minuti, Viola trovò le chiavi e fece scattare la
serratura del cancello. Salì i pochi gradini che la dividevano dal portone e lo
aprì, sorpresa di non trovarlo chiuso a chiave; evidentemente quella mattina se
n’era scordata. Non fece in tempo ad accostare la porta che fu distratta da
alcuni rumori provenienti dal piano di sopra.
Possibile che ci fosse qualcuno? Quel pensiero
la spaventò e tornò sul pianerottolo d’ingresso, chiudendo il portone senza
fare rumore. Stava per chiamare il fidanzato quando si accorse che la sua BMW
era parcheggiata nel cortile della villa. La fissò, stupita: il giovedì Patrick
lavorava sempre fino alle 18.30, arrivando a casa poco prima di lei. Guardò
l’orologio: erano appena le 17.30. Pensare che lui fosse rientrato prima per un
mancato appuntamento era la spiegazione più probabile, eppure un brutto
presentimento si affacciò alla sua mente.
Dopo un momento di esitazione, Viola riaprì la
porta d’ingresso, richiudendola silenziosamente alle sue spalle una volta
entrata.
Dal piano superiore provenivano delle voci.
Viola si fece coraggio e salì lentamente le
scale di legno.
Raggiunto il corridoio del piano superiore,
comprese che i rumori provenivano dalla camera da letto e non erano le voci di
chi sta chiacchierando. Chiuse gli occhi per un istante, cercando di
convincersi che non poteva essere quello che pensava. Non era mai stata troppo
gelosa o possessiva nei confronti del fidanzato, gli aveva sempre lasciato i
suoi spazi e la sua libertà, fidandosi di lui senza nessuna riserva.
Davanti alla stanza, Viola avvicinò la mano
tremante alla maniglia e la spinse quel tanto che bastava per aprire la porta.
Il suo fidanzato stava facendo sesso con
un’altra nel loro letto. Si muoveva come una furia sopra la donna e non
risparmiava grida di piacere e incitazione.
Viola era immobile accanto alla porta e, per
la prima volta, vedere il fidanzato nudo le suscitò una vampata di imbarazzo.
Il sedere sodo e i lineamenti muscolosi della schiena erano in una posizione
che le fece ribrezzo. I capelli gli coprivano gli occhi mentre si spingeva con
foga dentro una sconosciuta.
«Patrick...», sussurrò.
Al suono di quella voce, Patrick si voltò di
scatto e la vide.
«Oh, cielo, tesoro...», sussultò. «Cosa ci fai
a casa così presto?». Si spostò dal corpo caldo e sudato dell’amante e lo coprì
col lenzuolo. Poi cercò le mutande e le infilò al contrario. I capelli neri
erano arruffati e gli occhi azzurri accesi di adrenalina. Non si capiva se
tremasse per l’eccitazione o per l’angoscia di quanto era accaduto.
Viola lo fissava in uno stato di torpore:
voleva andarsene, correre lontano, ma non riusciva neanche a muovere i piedi.
Le parole uscite dalla bocca di Patrick erano
bloccate nella sua mente.
Le ripeté ad alta voce:
«Cosa ci
fai a casa così presto?!».
Lui la guardò, incapace di darle una
spiegazione accettabile.
«È giovedì: non sei mai a casa prima delle
19.00!», esclamò.
Quella risposta sconvolse Viola più di quanto
non fosse già.
«Brutto stronzo schifoso!», gridò.
In tre anni che stavano insieme, Patrick non
l’aveva mai sentita dire una sola parolaccia e quella considerazione lo riportò
alla realtà: la situazione era davvero grave.
All’improvviso Viola si voltò di scatto e
corse via.
Patrick afferrò i pantaloni e lanciò il
cuscino addosso all’amante.
«Vattene subito!». Non aspettò la risposta e
rincorse Viola giù per le scale, bloccandola poco prima che raggiungesse il
portone.
«Tesoro, mi dispiace... ti prego, aspetta! Non
prendere decisioni affrettate...». Era riuscito a infilarsi i pantaloni, ma
aveva ancora l’addome scoperto. Il cuore gli batteva all’impazzata.
Viola si voltò come una furia.
«STAVI SCOPANDO CON QUELLA NEL NOSTRO LETTO!».
Lui cercò di accarezzarle il viso ma lei si
ritrasse, schifata.
«È stato un incidente, ma io amo te, solo te!
Ti prego, perdonami!», la supplicò. Le prese il braccio per trattenerla.
Viola sentiva l’odore del sesso, della sua
eccitazione, del sudore che si era mischiato a quello di lei.
«Vaffanculo!», gridò fuori di sé. Strattonò il
braccio per liberarsi dalla sua presa.
«Tesoro, dai, non esagerare... ti ho chiesto
scusa...».
Gli occhi di Viola diventarono ardenti.
«Sai dove puoi metterle le tue scuse?».
Patrick intuì che la risposta non gli sarebbe
piaciuta.
«Avanti, è stato un abbaglio, può capitare a
tutti di sbagliare, non credi?».
«No, non credo! Voglio solo andare via!».
In quel momento scese l’amante, e Viola si
sentì mancare il respiro.
Era una ragazza con lunghi capelli biondi,
intensi occhi azzurri e il fisico mozzafiato. Portava scarpe dal tacco molto
alto; il vestito corto e scollato metteva in evidenza le cosce snelle e il seno
voluminoso. Camminava con una disinvoltura invidiabile, sicura di sé e per
nulla imbarazzata: sembrava la concorrente di una sfilata di bellezza.
Si fece avanti senza pudore e Patrick le
rivolse uno sguardo carico di minaccia.
«Charlotte, vattene».
Anziché ascoltarlo, lei lo fissò, maliziosa,
poi si rivolse a Viola:
«Prima o dopo doveva accadere: è più di un
anno che frequento questa casa tutti i giovedì pomeriggio; non è che tu sia una
tipa molto sveglia...». La situazione doveva sembrarle divertente perché le
veniva da ridere.
Viola era così impressionata da non riuscire a
spiccicare parola.
Patrick rivolse un’altra occhiata minacciosa a
Charlotte: avrebbe pagato a caro prezzo quella rivelazione.
«Vattene subito, non voglio rivederti mai
più!», dichiarò.
A quelle parole Charlotte rise sguaiatamente:
non aveva compreso l’odio intriso nello sguardo di Patrick. Si avvicinò a lui
con aria seducente.
«Certo... peccato che non ci creda nemmeno
tu...». Aprì la porta e uscì, impettita e per nulla amareggiata da quanto
accaduto.
Patrick si affrettò a chiudere il portone per
impedire che Viola scappasse.
«Lasciami spiegare...», la implorò.
«Devi solo stare zitto, Patrick! Non voglio
sentire nulla! Chissà quante bugie mi hai già raccontato!». Viola cercava di avvicinarsi
alla porta, ma lui non la lasciava passare.
«Non è così, è la prima volta che capita! Lei
è una stupida, non devi ascoltare quello che dice... è gelosa perché sa che amo
te...».
«E invece sembrava conoscerti bene! D’altra
parte, se la vedi ogni giovedì...». Viola strinse i denti, controllando a
fatica la rabbia.
«Te l’ho già detto: è la prima volta che la
vedo... non è mai stata qui... devi credermi!».
«Io non ti devo niente e se non mi lasci
andare chiamo la polizia!».
«Dai, tesoro, non comportarti in modo
ridicolo, possiamo aggiustare tutto...».
Viola lo fulminò con lo sguardo.
«Tu forse non hai capito che io non voglio
avere più niente a che fare con te!», strillò mentre sbatteva con prepotenza il
piede sul pavimento.
Un’ombra di terrore invase la mente di
Patrick.
«Come puoi rovinare tutto così? Sono più di
tre anni che stiamo insieme... si parlava di matrimonio!». Si prese i capelli
fra le mani, sconvolto dalla paura di perderla.
Con quelle parole, però, riuscì a farla
infuriare ancora di più.
«Io avrei rovinato tutto?», urlò Viola. Si
puntò il dito contro. «Non ero io a sbattermi quella troia nel nostro letto!».
Indicò ripetutamente le scale. «Io ti sono sempre stata fedele e mi sono fidata
di te... ma a quanto pare ha ragione la tua amichetta: sono proprio una
stupida!».
«Non dire così... che ne pensi di fare una
doccia rilassante insieme?».
Viola lo trucidò con lo sguardo.
«Lasciami uscire, prima che ti ammazzi con le
mie stesse mani».
Patrick sbuffò ma non demorse:
«E dove pensi di andare? Non hai nessuno; sono
io il tuo unico punto di riferimento in questa città, e se uscirai da quella
porta, sarai sola... dunque ti prego: cerca di ragionare. Fermati qui stanotte,
domani vedrai le cose in modo diverso. Saprò farmi perdonare: questo casino si
aggiusterà!».
«Preferisco stare sola che con un bugiardo
come te!», affermò lei. «Ora lasciami uscire!».
Lui era immobile davanti alla porta.
«E i tuoi vestiti? Dovrai almeno preparare le
tue cose, non puoi andartene di sera, così, senza niente!».
«Questi non sono affari tuoi! Tornerò a
prendere le mie cose quando potrò. Ora lasciami andare o non risponderò più di
me stessa». Ormai Viola non urlava più: la sua voce era diventata metallica e
lei cercava invano di controllarne il tremore.
Davanti alla sua ostinazione, Patrick decise
di assecondarla.
«E va bene, vai a fare questo giretto serale
per sbollire la rabbia... però non fare tardi: ti aspetto!». Scrutò il suo
sguardo per comprendere quante speranze aveva che lei ritornasse.
Per un secondo l’attenzione di Viola fu colta
dall’anello che portava all’anulare della mano sinistra. Se lo strappò con
impeto e lo scaraventò sul pavimento: il gioiello colpì la mattonella accanto
al piede di Patrick e schizzò via chissà dove.
«E tieniti il tuo costoso anello! Mi fai
schifo!».
Patrick rimase immobile e impotente davanti
alla sua ira.
Lei lo spinse per farlo scansare dalla porta,
la aprì, scese i gradini in fretta e cercò le chiavi del cancello.
Lui continuava a fissarla sull’uscio.
«Ti aspetto!».
Come risposta lei sbatté forte il cancello
alle sue spalle senza alzare nemmeno lo sguardo: non voleva rivederlo mai più.
Si incamminò rapida verso la metro: c’era un
unico posto dove potesse andare. Afferrò il cellulare dalla borsa e compose il
numero della sua amica.
Il telefono squillò un paio di volte.
«Vilu, ciao!».
«Ciao, Sarah... senti, non è che potresti
ospitarmi a casa tua per questa notte? Sono in difficoltà...».
«Certo, non c’è problema, ma dove sei
adesso?».
«Sto andando verso la metro... arriverò fra
un’ora...».
«Va bene, sarò lì ad aspettarti... ma che cosa
è successo? Hai una voce strana...».
«La mia storia con Patrick è finita per
sempre». Viola si rese conto che le lacrime stavano soffocando le sue parole.
2
B: Restare con le amiche
13/04/2017
Viola esitò per qualche istante.
«No, torno a casa... ne approfitto per
studiare storia», disse.
Denise sbuffò.
«Che palle, Vilu! Non fai altro che studiare!
Per un paio d’ore... cosa ti costa venire con noi?».
Sarah guardò l’amica, dispiaciuta.
«Dai, vieni con noi!».
Viola sentì una sorta di rimorso: le
dispiaceva essere sempre la più asociale della comitiva. D’altra parte, a
differenza delle compagne, doveva fare quasi un’ora di metro per tornare a
casa. Eppure, l’idea di svagarsi un po’ con le amiche la stuzzicava.
«Va bene», decise. «Prenderò la solita metro
delle 18.00, così da essere a casa per le 19.00, come sempre».
«Che bello, Vilu!», esultò Sarah
abbracciandola.
«Facciamo un giro qua intorno, poi andiamo a
prendere l’aperitivo, ok?», propose Denise.
«Io faccio soltanto il giretto, salto
l’aperitivo! Il giovedì vedo Patrick solo la sera e non voglio tornare più
tardi del solito...», spiegò Viola.
Le ragazze annuirono e, caricati gli zaini
sulle spalle, si incamminarono allegre verso il centro.
In breve il gruppetto si distanziò, cosicché
Viola e Sarah restarono indietro.
«Come va con Patrick, tutto bene?», le chiese
Sarah.
Gli occhi di Viola si illuminarono.
«Sì! Sai, è da qualche mese che abbiamo
iniziato a parlare di matrimonio...».
Sarah le prese la mano e osservò l’anello:
aveva un diamante grande e splendente.
«Dici davvero?», domandò euforica.
«Sì, se a ottobre riesco a laurearmi possiamo
iniziare i preparativi per il prossimo aprile!».
«Caspita, Vilu, mancherebbe soltanto un
anno!».
Lei cercò di trattenere l’emozione.
«Non lo sa ancora nessuno...».
Sarah sorrise.
«Manterrò il segreto!», esclamò facendo la
croce sul cuore. «L’anello che ti ha regalato è bellissimo!».
«Già... è anche troppo... ma a lui piace fare
tutto in grande... in questo siamo diversi...».
«Be’, se il suo unico difetto è regalarti un
anello troppo costoso, direi che si può perdonare...», rise Sarah.
Viola si unì alla risata.
«Sì, è un po’ megalomane ma chiuderò un
occhio!». Si guardò l’anello, poi domandò: «E tu? Come va con Christian?».
«Bene... però stiamo insieme solo da tre mesi:
è ancora presto per farsi illusioni...».
«Sembra un bravo ragazzo...». Viola ricordò di
averlo visto un paio di volte: era venuto a prendere Sarah all’uscita
dall’università.
«Sì, anche se non ha certo l’indipendenza di
Patrick...».
«Patrick è anche più grande! A luglio compie
trentaquattro anni! E poi lui è stato fortunato a lavorare subito nella clinica
già avviata del padre».
«Già, Christian studia ancora e non è così
facile trovare un lavoro, una casa...».
«È in affitto, ora?».
«Sì, divide l’appartamento con un ragazzo
italiano che lavora a Parigi».
Viola cambiò argomento:
«Mi dispiace se io e Patrick non usciamo mai
con voi, ma lui è sempre impegnato con il lavoro e...».
Sarah la interruppe:
«Lo so, Vilu: lui è più grande di noi e non si
trova a suo agio in nostra compagnia... lo capisco...».
Viola sospirò.
«Neanch’io mi trovo molto bene con i suoi
amici... sono tutti uomini di successo e, se ti devo dire la verità, anche un
po’ noiosi...».
Sarah sorrise.
«Non pensano più all’università, né ai nostri
problemi...».
«Già... li hanno completamente dimenticati...
eppure ci sono passati anche loro...».
Chiacchierando il tempo trascorse in fretta:
erano già le 17.45.
Viola era felice di essersi confidata con
Sarah. All’università non avevano mai tempo per parlare e le mancava quel
feeling che avevano avuto in passato.
Guardò l’orologio.
«Siamo vicine alla metro, io torno a casa!».
«È stato bello chiacchierare con te. Ci
vediamo domani», le sussurrò Sarah, abbracciandola.
«Anche per me è stato molto piacevole,
dovremmo farlo più spesso...». Viola si rivolse alle altre amiche, che si erano
girate verso di lei. «Buona serata, ragazze!».
Loro ricambiarono il saluto.
Subito dopo Denise indicò un bar.
«È l’ora dell’aperitivo!».
Quando Viola arrivò davanti alla villetta, non
fece neanche in tempo ad aprire il cancello: Patrick era già sull’uscio ad
aspettarla. In mano aveva una rosa rossa, accuratamente incartata con un bel
fiocco blu.
Davanti a quella sorpresa, Viola non trattenne
un sorriso.
Lui le andò incontro porgendole il fiore.
«Ti amo tanto!», le disse.
Lei afferrò la rosa e si abbandonò fra le sue
braccia, felice.
«Vieni dentro!», la invitò lui. «Ho chiamato
il solito ristorante: ci porteranno il pesce a domicilio! Sei arrivata giusto
in tempo!».
«Davvero? Pensa che oggi il professore di
storia stava male, sarei potuta tornare a casa molto prima...».
Lui la fissò.
«Quanto prima?», domandò con noncuranza.
«Sono andata a fare un giro con le mie amiche,
altrimenti sarei stata qui per le 17.30!».
Patrick sospirò e i suoi occhi si dilatarono
in maniera impercettibile.
«Hai fatto bene a svagarti un po’! Sono
arrivato a casa da poco, dunque non avrei potuto farti compagnia...».
«È per questo motivo che ho accettato di
andare con loro, anche se avrei dovuto approfittarne per studiare...». Viola
era in parte dispiaciuta per aver sacrificato un paio d’ore di studio. Sorrise
al fidanzato. «Se fosse stato un giorno in cui tu eri a casa, sarei tornata
subito...».
«Ma visto che non c’ero hai fatto bene così»,
affermò lui. Il pensiero di quanto Viola avrebbe potuto scoprire gli provocò un
brivido di terrore che gli rimase a lungo nello stomaco. Cercò di scacciare
quel pensiero e afferrò lo zaino della fidanzata per liberarla dal peso.
«Vieni, entriamo in casa...», disse cingendole
le spalle.
Lei annuì, sorridente.
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